"Come Ca' Tua" social housing - A.C.M.E. STUDIO - San Martino Buon Albergo 2010



Collocato nell’area periurbana a sud-est del nucleo storico di San Martino Buon Albergo, al centro di una disordinata selva di costruzioni di carattere industriale, tra i meandri poco verdeggianti di strade e rotatorie che scoraggiano anche i più arditi viandanti, si trova una vecchia casa colonica, denominata “Come Ca’ Tua”, recuperata grazie al contributo della Cooperativa Sociale ONLUS La Casa per gli Immigrati, su progetto di A.c.M.e. studio. 


 Un breve ma doveroso cenno di cronaca va fatto per chiarire che la palazzina recuperata faceva un tempo parte della limitrofa e vasta proprietà del Gruppo Nestlè (qui sorge un insediamento produttivo), che ne fece dono al Comune di San Martino B.A. che, a sua volta, scelse di affidarne il recupero e la gestione alla Cooperativa. Questa aveva le idee molto chiare sull’obiettivo da raggiungere, volendo ricavare dalla costruzione il maggior numero possibile di residenze, da locare a canone agevolato alle famiglie dei lavoratori immigrati in difficoltà che lavorano nel circondario. Iniziativa più che lodevole. Le risorse economiche a disposizione della committenza però erano decisamente ridotte, si è dunque dovuto contare sui cospicui contributi messi a disposizione dalla Fondazione Cariverona e sul generoso aiuto di operatori e fornitori aderenti a Confindustria che, con il proprio lavoro e con i propri prodotti, hanno permesso la realizzazione del recupero. Considerato il fatto che questo edificio è una delle poche significative emergenze di un contesto prevalentemente occupato da insignificanti, ma densamente distribuiti, capannoni industriali, al di là dei quali si intravede ancora qualche lacerto della ormai divorata campagna veneta, ma che versava in precarie condizioni di manutenzione, non si è certo rilevata facile la sfida di progettarne e realizzarne un fine recupero come quello posto in opera. Ciò che è sicuramente più apprezzabile di questo equilibrato intervento è proprio il fatto che siano state rispettate in toto le preesistenze, che ne sia stata mantenuta integra l’immagine, che si sia intervenuti con mano accorta e con le metodologie proprie del recupero conservativo, senza però rinunciare ad una efficiente rifunzionalizzazione e ad una intelligente e bilanciata revisione di alcuni dei caratteri e degli elementi costitutivi di un’architettura modesta, ma pur sempre costituente una rispettabile testimonianza del passato.


Dalla vecchia casa colonica si sono ricavati sei appartamenti, due per piano, con metrature abbastanza elevate per delle residenze sociali – circa 85/100 mq. per unità – per ospitare comunque famiglie abbastanza numerose, composte da 4 o 5 elementi. La costruzione, che è semplice e simmetrica, con pianta rettangolare, tre livelli fuori terra, di cui uno sottotetto ed interamente abitabile, è pure dotata di una piccola area di pertinenza circostante e di un piano interrato che ospita le cantine.


L’accesso alle abitazioni è collocato su entrambi i lati corti, dove due ingressi, sottolineati da una pensilina a L rovescia, rivestita in acciaio corten, consentono di accedere a due vani scala simmetrici per posizione, ma molto diversi per carattere. Infatti uno di essi era il vecchio vano scala della casa ed all’interno di esso si è restaurata la prima rampa, accortamente prolungata con una seconda in acciaio, sino a raggiungere il secondo piano. Diversamente dal lato opposto è stato ricavato una altro vano, dove la nuova scala in cemento resinato, dal disegno essenziale, accompagna ai piani superiori scorrendo a fianco di un’alta parete in pietrame lasciato a vista, tinteggiata con una vernice lucida di color viola. Un interessante esperimento cromatico e formale che mette in risalto il positivo contrasto tra i paramenti della costruzione esistente e il nuovo inserimento. Il medesimo concetto di distinguibilità e reversibilità delle integrazioni architettoniche è ancor più manifesto sui prospetti esterni dei due lati corti della costruzione. Come si è detto gli ingressi sono incorniciati da due eleganti e pulite pensiline in acciaio corten, materiale che è stato poi utilizzato per rivestire interamente la facciata rivolta a nord, nascondendo dietro la propria uniforme cromia ed una geometria ordinata, una parete tecnica coibentata e le finestre di alcuni locali (camere).


Sono state poste in opera diverse soluzioni per il consolidamento ed il recupero integrale delle strutture esistenti, utilizzando tecnologie e metodi reversibili come: sottomurazioni, deumidificazione delle murature e dell’attacco a terra, catene e tiranti per il contenimento delle spinte orizzontali, rinforzi dei solai con speciali piolature e sistemi a secco legno-legno (utili per consentire anche il passaggio nelle intercapedini dei nuovi impianti tecnologici), coibentazione della copertura originale (interamente conservata), riconfigurazione delle partizioni interne (solo in aggiunta) e creazione di intercapedini e vani tecnici per gli impianti.


Il risultato è esemplare, per alcuni semplici motivi, che troppo spesso sfuggono a chi affronta gli interventi sull’edilizia storica, anche se di modesto valore artistico, con incorreggibile e deprecabile superficialità. Non ci stancheremo mai di dirlo. E’ necessario indagare l’oggetto di intervento e conoscerlo a fondo per programmare un intervento che valorizzi la costruzione. Non operare in questa direzione significa compromettere il patrimonio architettonico, storico ed ambientale. Questo esempio invece dimostra che, anche se le risorse economiche sono contenute, con un buon progetto, con l’approfondita conoscenza delle tecnologie del costruire, con sensibilità e passione, si può rendere onore persino ad una costruzione così modesta. L’arroganza degli architetti è invece e spesso proverbiale. Si torni ad essere accorti. E’ non solo possibile, ma doveroso e questo caso lo dimostra.

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